dal 18 al 19 ottobre 2018

Storia di Giulietta

Libia, 1969. Il colpo di stato di Gheddafi cambia d’improvviso la vita di tante persone. Libici di seconda e terza generazione, nati e vissuti in Africa, sono costretti a lasciare le loro terre solo perché italiani. Portatori di una colpa che una dittatura imperialista ha lasciato loro in eredità e che una logica speculare vuole che ora venga espiata, ventimila, tra uomini e donne, sono costretti all’esilio. Logiche sovraniste – che si rovesciano, si fronteggiano e si sfidano, passando sopra le esistenze delle persone – stravolgono progetti di vita, tranciano affetti, ne mutano il destino sovrapponendo loro identità che sono solo figlie della propaganda. Allora come oggi uomini, donne, bambini sono obbligati a lasciare le loro cose, le loro case e i luoghi in cui vivono, in cui amano e in cui hanno costruito le loro esistenze.

Oggi, che semplificazioni mediatiche e propagande politiche attribuiscono loro odiosi appellativi, occorre riscrivere le loro vere storie e chiamare le cose con il loro vero nome: e cioè che si tratta di persone, esseri umani (non importa dove essi siano nati), cittadini della terra costretti all’esodo. Giulietta è una di loro, una bambina appena affacciatasi all’adolescenza, costretta a lasciare tutto: i suoi giochi, le sue corse sulla spiaggia, i suoi canarini, i suoi rossori per amori adolescenti confessati forse solo a sé stessa. Di fronte a lei il personaggio della madre – il suo doppio, capace di evocare in Giulietta la catarsi di un ricordo stretto da anni in un oblio. La storia – scritta da Beatrice Monroy e diventata nel 2017 una riduzione teatrale con una prima mise en espace fatta al Levanzo Community Fest – diventa oggi una produzione teatrale vera e propria. In scena i due personaggi: Giulietta, interpretata da Maria Cucinotti, e sua madre, interpretata da Ester Cucinotti, due anime/corpo che raccontano di una storia lontana ma usando il tempo presente; segno di una cicatrice che accompagna sempre le loro vite e che oggi assume il senso ancor più drammatico di cicatrice collettiva e universale.

Da tempo volevo fare un lavoro che indagasse la parte invisibile delle storie di chi, oggi come ieri, è costretto a migrare; che togliesse loro di dosso la crosta di narrazioni dominanti secondo cui le loro storie sembrano cominciare solo quando esse prendono il mare. Il testo di Beatrice Monroy, che raccoglie una storia e una testimonianza diretta di quell’esodo, offre oggi la possibilità di farlo attraverso il teatro e i suoi linguaggi universali.

Lo spettacolo indaga il tema del distacco, della separazione, della dispersione; racconta del momento in cui lasciamo tutto e di cosa accade alla nostra interiorità quando dobbiamo forzatamente separarci anche dalle persone che più amiamo. Ma racconta anche della speranza, del desiderio che qualcuno ci accolga e che la vita possa rinascere da un’altra parte.

Una speranza che ci ricorda che siamo tutti ospiti della terra e non i suoi possessori; e che ciascuno ha diritto alla libertà di scegliere in quale lembo del pianeta vivere la propria esistenza.

Giuseppe Marsala

Calendario Spettacoli

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18
ott
gio
ore 21:30
19
ott
ven
ore 17:30

Autore : di Beatrice Monroy

un progetto di Beatrice Monroy, Giuseppe Marsala
con Ester Cucinotti (La madre)Maria Cucinotti (Giulietta)
adattamento scenico e regia Giuseppe Marsala
scene Giuseppe Marsala e Claudia Puglisi
aiuto regia Claudia Puglisi
disegno luci Gabriele Circo
costumi Dora Argento
assistenti di scena Filippo Bartoli, Serena Caprì
montaggio video Letizia Gullo
produzione Scena Aperta
in collaborazione con Teatro Biondo Palermo


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