Di giorno e di notte è un cold case che si rivela poco alla volta, lasciando lo spettatore sospeso fino alla fine.
Palermo, luglio 1993. La terrazza di un quartiere di palazzoni costruiti in fretta e furia nel dopoguerra per ospitare le famiglie degli impiegati regionali appena assunti con chiamata diretta, è divisa tra due appartamenti: da un lato vive Matilde con il marito Federico, dall’altro Carla e Roberto. Matilde, in preda all’insonnia, si siede su una sedia a dondolo del terrazzo e nel silenzio ascolta le voci che provengono dalla veranda di Carla e Roberto.
Notte dopo notte, quelle voci rivelano un giallo, una tragedia, qualcosa che riguarda direttamente Matilde ma di cui la donna riesce a capire ben poco fin quando non decide di percorrere i vicoli della città antica. Carla e Roberto sussurrano dell’omicidio del padre di Carla e di come lei abbia passato la vita intera a cercarne i mandanti, compiendo anche dei gesti efferati che in qualche modo coinvolgono Matilde e Federico. Sullo sfondo, mai nominata, la mafia. Le due voci parlano anche dei cortei dopo le stragi, della gente scesa per le strade. Matilde ascolta, fa congetture, ricostruisce una verità che non vorrebbe conoscere. Mano a mano veniamo a conoscenza di una tragedia personale che si rispecchia nella grande tragedia collettiva.